Marzo 2007

"L'Urlo Magazine"

 

Da Claudio…
 

Porte all’acqua benedetta, chiodi artistici

e un mondo racchiuso in un appartamento.
 

 

Incensi, candele, musiche che ricordano l’oriente e un’esplosione di colori che invade gli occhi e l’anima.
 

Questo è il primo impatto con la “Casa Museo sotto l’Etna” (www.casamuseosottoletna.com) che Claudio Arezzo di Trifiletti oggi ha aperto alla visita curiosa dell’Urlo.
Proprio lì, in Viale Leonardo da Vinci, al centro della Catania frenetica che tutti conosciamo bene, sorge questo appartamento straordinario: surreale nucleo di sfumature e forme nel quale si mescolano le molteplici creazioni di un uomo che ha sempre vissuto l’arte come espressione dell’energia, celebrazione della memoria e dell’ispirazione divina. Un uomo che si definisce “Una spugna, perché da tutti si impara qualcosa”.
 

Le mura, dipinte come fossero vere e proprie tele, sono popolate da quadri con volti e sguardi che ricordano talvolta Munch e talaltra la Pop-Art, ma che nascondono fra le loro mescole fede ed elementi primitivi della nostra terra. Scopriamo cassapanche antiche dagli spiragli artistici che rivelano anime di vetro e luce; telefoni, valigie o bombette in vetrina; sale dappertutto in casa, ad ornare installazioni e sculture. Per Claudio, infatti, plasmare le sue opere con elementi primordiali e simbolici come il sale è basilare: “Vado a prendere la pietra lavica direttamente sul cratere o sui monti rossi – ci racconta – la polverizzo, la mescolo col sale, con la nafta, con l’olio, con ciascuno degli elementi che in quel momento passano per la mia testa. Se ho preso una tisana e non l’ho finita, ad esempio, la miscelo agli altri materiali ed al colore, inizio a muovermi e l’immagine nasce da sola, non mi resta che tracciarne i bordi col nero”.
 

Claudio ci guida nel viaggio attraverso gli ambienti onirici in cui vive, la prima cosa che incontriamo addentrandoci nel corridoio è una vecchia macchinetta che serviva ai nostri nonni per “timbrare i cartellini”, genialmente adagiata su un mucchio di cravatte spruzzate di tinta, “Perché nonostante questa macchina e le cravatte, gli uomini sono colorati” ci spiega.
 

Varchiamo porte dorate che racchiudono nella loro essenza l’acqua santa con cui Claudio le ha impregnate, e scopriamo una stanza da letto dominata da un pergolato di Potus, la stessa stanza che diventa tempio per le preghiere silenziose che quest’artista, la notte, rivolge al cielo.
Tutte le opere qui sono legate insieme, questo quadro ad esempio, questa immagine di volto teso ad ascoltare – ci mostra un volto in mezzo a molti altri su una tela accanto ad una finestra – è legato ad una campana appesa qui fuori”.
 

Molto spesso nel nostro viaggio attraverso gli ambienti fantastici della Casa Museo incontreremo campanelle da far suonare sfiorandole, e ci accorgeremo che l’esperienza dell’arte di Claudio Arezzo di Trifiletti coinvolge la vista, l’udito e il tatto regalandoci l’inattesa esperienza di un’arte a tuttotondo.
 

Claudio ha sempre dipinto, ci mostra il suo primo quadro, fatto quando aveva 5 anni sulla federa di un cuscino. Ci parla di come è cambiata la sua vita rispetto al 1999, ad esempio, anno che lo vedeva ventitreenne proprietario del Clone Zone, locale che la maggior parte dei trentenni catanesi oggi ricorda molto bene.
 

Ci racconta di come in quegli anni, grazie paradossalmente a due episodi legati a storie di violenza (che ci chiede di non descrivere), si sia accorto di non voler diventare come tutti gli altri “vegetali”, come definisce chi risponde alle angherie subite con altrettante prepotenze, ma di voler essere una persona diversa. Del suo successivo viaggio in India ci riferisce di come la gente lì fosse realmente spirituale e profondamente differente dai nostri standard, di come queste persone siano state capaci di fargli capire che nella vita non aveva bisogno in effetti di tutte le cose materiali di cui si circondava: “…Non avevo davvero bisogno dello Spider o della camicia Gucci! L’india è un luogo da cui, chi ha un paio di vite precedenti alla spalle, viene inevitabilmente attratto… Certe volte non mi rendo conto se sono i luoghi o le cose a chiamarci o se siamo noi le calamite…
 

Questo caleidoscopico artista catanese adesso ha una grande sfida davanti a se, la prima delle tante che sta organizzando e che si sta proponendo di affrontare, è una sfida che si chiama “IMPRINTS” (Impronte) e che lo vedrà impegnato a rappresentare l’Italia in una delle metropoli al mondo più ricche di sperimentazioni artistiche, New York. Stenderà dei teli per strada, in modo da raccogliere le impronte dell’umanità che ci camminerà sopra, per trasformarle poi in opera d’arte: “Un corpo in movimento contiene vita, la testimonianza la si ottiene vedendo le tracce dei suoi movimenti, le sue impronte.
 

La mostra si terrà nei locali dell’Empire State Building, Suite 3600D, NEW YORK, dal 9 al 22 Aprile 2007. Questo è quello che lo stesso Claudio Arezzo di Trifiletti scrive sul suo sito (www.claudioarezzoditrifiletti.com) a proposito di questo importante progetto: “…Con questi lenzuoli spero tanto che la mia Arte, che delinea le energie impresse, che risalta le ombre contrastate dalla luce, possa creare, in nome dell’Umanità, in nome della Pace, una storia che possa servire a dare spunto ad altre storie, di cui il mondo fortunatamente è ricco ma, purtroppo, stenta a viverne solo poche righe.
 

 

ROSSELLA BALSAMO